Holding nei gruppi societari: poteri, abusi e rimedi

Premessa

La prassi diffusa di creare Gruppi societari con a capo una società Holding che detiene le partecipazioni, oltre che di nominare il medesimo soggetto quale amministratore di diverse società del gruppo, benchè garantisca rapidità nell’esecuzione delle azioni strategiche, un flusso costante di informazioni infragruppo ed un contenimento dei costi di gestione, può comportare rilevanti questioni da affrontare, con riferimento al ruolo ed alle responsabilità sia della capogruppo che degli amministratori, come risulta chiaro da alcune recenti decisioni giudiziali, che ci offrono lo spunto per questo breve contributo.

Obblighi di trasparenza e pubblicità

Al fine di rendere nota l’esistenza di un gruppo societario la riforma societaria del 2003 ha stabilito alcuni obblighi pubblicitari, per garantire la trasparenza nei rapporti verso i terzi, disciplinati dall’art. 2497-bis c.c.. 

L’obiettivo, è di rendere conoscibile a tutti coloro che entrano in contatto con le varie società appartenenti al gruppo, che la società sia soggetta all’altrui potere di direzione e  coordinamento; infatti, è previsto l’obbligo dell’amministratore di ogni società del gruppo di indicare al registro delle imprese l’esistenza di una società controllante e, nella relazione sulla gestione allegata al bilancio di esercizio annuale, l’evidenza dei rapporti e degli effetti derivanti dall’attività di direzione e coordinamento; in tal modo, i terzi potranno valutarne l’incidenza e gli effetti.

Difatti, il problema principale posto dall’organizzazione di gruppo, consiste nella necessità di contemperare le esigenze del gruppo con quelle delle singole società che vi appartengono.

Inoltre, assumono rilievo le esigenze di tutela di chi abbia fatto credito ad una società del gruppo e di chi, come i c.d. “soci esterni”, partecipi ad una società eterodiretta, senza però partecipare anche alle altre società del gruppo (e prima di tutto alla capogruppo).

Si tratta, in entrambi i casi, di soggetti i cui interessi sono legati all’andamento della singola società e non del gruppo nel suo complesso e che, pertanto, possono risultare direttamente pregiudicati da scelte della capogruppo che, seppure vantaggiose per il gruppo nel suo complesso, risultino dannose per la singola società di cui essi siano direttamente creditori o soci.

Direzione, coordinamento e responsabilità

L’ elemento caratterizzante il fenomeno del gruppo di società è da ravvisarsi nell’esercizio in concreto, da parte della società capogruppo, di un potere di direzione sulle società appartenenti al gruppo stesso.

L’esercizio di tale potere si estrinseca talvolta nello svolgimento di funzioni amministrative a favore delle diverse società del gruppo, ma di fatto, nella prassi, l’interferenza esercitata dalla capogruppo può essere più o meno ampia, a seconda del grado di accentramento prescelto.

Secondo quanto disposto dall’art. 2497 sexies c.c., ai fini dell’applicazione della disciplina in tema di responsabilità della holding, si presume, fino a prova contraria, che l’attività di direzione e coordinamento sia esercitata dalla società tenuta al consolidamento dei bilanci o che detiene un controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c.; tali presunzioni sono dettate al fine di favorire chi agisce per far valere la responsabilità della capogruppo.

La responsabilità della Holding sorgerà a prescindere dall’esecuzione o meno degli adempimenti pubblicitari imposti ex art 2497 bis c.c., è inoltre possibile configurare la responsabilità della capogruppo indipendentemente dallo stato di insolvenza della società soggetta a direzione.

Rimedi contro gli abusi della Holding

Bisogna soffermarsi sulla tutela degli azionisti cosiddetti esterni e dei creditori delle singole società del gruppo contro i possibili abusi della capogruppo.

I soggetti legittimati ad esperire l’azione di responsabilità nei confronti della Holding sono i soci e i creditori della singola società sottoposta all’attività di direzione e coordinamento, verso i quali la capogruppo può essere condannata, in caso di abusi, a risarcire i danni causati.

La disposizione di cui all’art. 2497 c.c., intende tutelare gli interessi dei soci di minoranza e dei creditori della società eterodiretta, lesa da un abuso di direzione, consentendogli un’azione autonoma, diretta a tutelare le proprie ragioni: chiaramente, il socio ed il creditore sociale potranno agire contro la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento solo se non siano stati già interamente soddisfatti dalla società soggetta all’attività di direzione e coordinamento.

La lesione può spesso consistere nella perdita di valore della partecipazione o nella mancata riscossione del credito per incapienza patrimoniale della controllata, derivante dalle direttive della capogruppo.

Il risarcimento sarà a beneficio del socio non della società – solamente se il socio non avrà ottenuto il ripristino della propria perdita patrimoniale. Il ripristino può derivare anche da vantaggi compensativi infragruppo o attraverso il risarcimento ricevuto dalla stessa controllata.

In particolare, potrebbe non aversi alcuna responsabilità della capogruppo, se il pregiudizio arrecato trovi una compensazione in un vantaggio corrispondente, effettivo e proporzionato al danno sofferto dalla eterodiretta, che derivi da altre operazioni all’interno della medesima strategia unitaria, in un arco temporale determinato. Al fine di determinare la responsabilità della capogruppo si deve valutare, quindi, il risultato finale della strategia di gruppo, non la singola operazione lesiva.

Non possono imputarsi alla capogruppo o ai suoi amministratori atti direttamente riferibili alle società partecipate, ancorché voluti e coordinati dal gruppo, svolti dalla società eterodiretta in maniera scorretta e/o disattendendo le direttive imposte dalla holding. In questo caso rispondono in via esclusiva gli amministratori della controllata che hanno agito in modo abusivo.

Decisioni giudiziali rilevanti

Sul punto, segnaliamo le seguenti decisioni:

L’esercizio della direzione e del controllo, finanche se svolto in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale della società eterodiretta, non è di per sé solo fonte della responsabilità contemplata dall’art. 2497, co. 1, c.c. Perché questa ricorra, infatti, occorre che quell’illegittimo e antieconomico esercizio abbia danneggiato il patrimonio della società eterodiretta. È necessaria la prova anzitutto dell’immediata e diretta incidenza causale che le scelte e decisioni gestorie adottate dalla società dominante abbiano avuto sulla gestione societaria ed imprenditoriale di quella dominata, ed in secondo luogo dell’effetto depauperativo che la loro attuazione abbia prodotto nei confronti della generica garanzia patrimoniale di quest’ultima a disposizione dei creditori.  (Corte d’Appello Napoli, Sez. IV, 08/06/2020, n. 2035)

– L’art. 2497, comma 3, c.c. non prevede una condizione di procedibilità dell’azione contro la società che esercita l’attività di direzione e coordinamento, costituita dalla infruttuosa escussione, da parte del socio della società controllata, del patrimonio di questa o dalla previa formale richiesta risarcitoria ad essa rivolta, avendo il legislatore posto unicamente in capo alla società capogruppo l’obbligo di risarcire i soci esterni danneggiati dall’abuso dell’attività di direzione e coordinamento. (Cass. civ., Sez. I, 05/12/2017, n. 29139)

 

I professionisti di Landolfi & Associati attivi nel settore del Diritto Societario restano disponibili ad approfondire la tematica della responsabilità della holding, e ad esaminare casi specifici secondo le esigenze dei clienti e le novità giurisprudenziali e normative sopra illustrate.

“A cura di Adriana del Giudice ed Antonio Landolfi”

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